Io la conosco di fama da parecchio tempo e so che Lei è una fierissima italiana, un'indomita fascista. »
(Benito Mussolini)

venerdì


Nata a San Severino Marche il 8 giugno 1900 da David Donati, un calzolaio, e da Ludmilla Bertolli, un'orologiaia, Ines, descritta come una ragazza di piccola statura con i capelli scuri, fu una nazionalista della prima ora, attratta dalla propaganda patriottica durante la prima guerra mondiale e distinguendosi fin dall'infanzia per l'acceso amor di patria, motivo per cui venne soprannominata "La Capitana" e "La Patriottica". 
A diciotto anni si trasferì a Roma, dove era giunta per studiare belle arti, militando attivamente in alcune associazioni dell'epoca, in particolare facendo parte del Corpo nazionale giovani esploratrici, dell'Associazione Nazionalista Italiana e del "Gruppo Giovanile Ruggero Fauro", risultando inoltre l'unica donna iscritta nella squadra romana dei "Sempre Pronti". Durante lo sciopero degli spazzini nel maggio 1920 a Roma, Donati fu una delle due donne, insieme a Maria Rygier, che si distinsero tra gli uomini nella pulizia delle strade; la ragazza inoltre si adoperò come portalettere ed elettricista.
L'anno successivo, partecipò al volontariato civile e fece propaganda per le liste nazionali fasciste alle elezioni politiche. Il 18 febbraio 1921 schiaffeggiò, all'interno del Caffè Aragno di Roma, nei pressi di Montecitorio, il deputato del PSI Alceste Della Seta anche se l'obiettivo iniziale programmato per quell'attacco era Nicola Bombacci, uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia. Nell'estate dello stesso anno invece ebbe uno scontro con gli Arditi del Popolo di Trastevere, per il quale venne ricoverata per venti giorni in ospedale. Nel 1921 ricevette inoltre il battesimo del fuoco a Ravenna, in occasione del convegno dei nazionalisti; Luigi Federzoni la definì "impavida, in piedi, fra il sibilar delle pallottole".
Nel 1922 si ammalò di tubercolosi. Proclamato lo sciopero legalitario da parte dell'Alleanza del Lavoro anche ad Ancona, fu preso di mira dai manifestanti in particolar modo il servizio ferroviario fino a quando, il 2 agosto, la sbullonatura delle rotaie causò il deragliamento di un treno presso Osimo, che portò alla morte del fuochista Attilio Forlani e al ferimento di alcuni passeggeri. Donati, pur malata, prese parte agli scontri del 5 agosto del capoluogo marchigiano contro gli scioperanti, nel corso dei quali le squadre d'azione e i nazionalisti, provenienti perlopiù dal centro Italia, riuscirono ad occupare la città. Negli scontri caddero anche due antifascisti, Amilcare Biancheria e Giuseppe Morelli. 

Il 28 settembre, Donati prese parte alle operazioni di soccorso a seguito dell' esplosione della polveriera di Falconara, che causò ingenti danni alle case di Pitelli. Fu inoltre una delle poche donne che presero parte alla marcia su Roma; infatti, dopo aver raggiunto Ancona, in possesso anche di due pistole, prese un treno per la capitale, dove conobbe personalmente Mussolini. Nel 1923 chiese di far parte della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, creata nello stesso anno; a tale richiesta, il 4 marzo il Duce disse: 
« Io la conosco di fama da parecchio tempo e so che Lei è una fierissima italiana, un'indomita fascista. »
(Benito Mussolini)
Nel 1924 le sue condizioni di salute peggiorarono notevolmente e alle 8:20 del 3 novembre morì di tubercolosi a Matelica, a soli 24 anni, acclamata come martire fascista; alcuni storici ritengono che le sue ultime parole furono "Volevo essere molto virile ma mi ero dimenticata che ero una donna fragile".  Per volontà di Achille Starace, il suo corpo venne riesumato il 23 marzo 1933 per dei funerali solenni che la innalzarono a icona della gioventù femminile dell'epoca; in quell'anno infatti la sua salma fu riesumata solennemente e venne collocata nella Cappella degli Eroi nel cimitero monumentale del Verano a Roma. Precedentemente, nel 1926, è stata intitolata a lei una colonia elioterapica a Matelica. 
Il 17 ottobre 1937, davanti a 25000 persone, le venne intitolata una statua bronzea, opera dell'architetto Rutilio Ceccolini e dello scultore Luigi Gabrielli nelle vicinanze della piazza principale di San Severino Marche; il discorso di presentazione venne pronunciato da Wanda Bruschi, moglie di Raffaele Gorjux ed importante ispettrice fascista.
L'opera fu rimossa dai partigiani nel 1944 e venne riconvertita come monumento ai caduti di tutte le guerre.



“La sera del 31 luglio.... giunta in prossimità di piazza d’Italia, scorsi subito i soliti individui che cominciarono ad insultarmi, inseguendomi a pochi passi di distanza.....All’angolo di via della Lungaretta, mi misi in guardia, voltai il bastone dal lato più pesante ed attesi. Sentii uno che, lanciandosi con mossa fulminea dietro le mie spalle, stava per aggrapparsi al bastone, ma io, che ero prevenuta, mi voltai di scatto, facendo roteare il bastone in un mulinello che non mi sarei creduta capace di fare. Resistetti un dieci minuti: nessuno osava avanzarsi, chè il bastone ferrato che avevo non glielo avrebbe certo permesso. Uno di loro, poi, avanzandosi, mi incita a fermarmi, dicendo: “Si fermi, sono un agente”. Non so quale era lo stato del mio animo, fatto sta che, udendo la presenza di un agente abbassai il bastone, ed allora altro non udii né vidi, solo mi parve sentire un grande fracasso come di vetri infranti. Era la mia testa invece, che ricevette in pieno due terribili colpi di bastone. Non so per quanto tempo rimasi immobile per terra in un lago di sangue. Quando mi misero in carrozza capii in confuso ciò che mi era accaduto e mi sentivo un male tremendo e terribile alla testa......Ne ebbi per venti giorni”
(in: D’Agostino e Pocci Sanguigni, Ines Donati, Roma 1926)

ROMA1933
INUMAZIONE DELLE SPOGLIE DI INES DONATI NELLA CAPPELLA DEGLI EROI
 AL CIMITERO MONUMENTALE DEL VERANO

Il Fascio femminile romano ebbe come segretaria politica nel ’21 Rosa Baiocco, poi Jolanda Pagni, come comandante la squadra femminile Piera Fondelli e fra le più degne di esser nominate Emilia Carreras, Corinna Consorti, Bianca Luisa Rossi. Ma di una donna, di un eroina deve esser qui fatta parola. Ines Donati, nata a S. Severino (Marche) nel 1.900, temperamento di artista, dedita alla pittura fin da bambina, poi studentessa all’ Istituto Superiore di Belle Arti in Roma, già nella sventura di Caporetto si distinte al suo paese operando col suo personale coraggio in maniera di far giungere la polizia a scoprire ed arrestare i componenti di un complotto antinazionale; chiamata “ la Patriottica” al suo paese, fu poi a Roma dai sovversivi di Trastevere appellata “la Fascista”, dapprima esploratrice, nazionalista dal ’19, antesignana della lega antibolscevica, fascista già negli scioperi del ’19 aveva, iniziatrice, tra i primissimi, prestato la sua opera che continuò ininterrotta in mille occasioni; volta a volta spazzino, portalettere negli scioperi del dicembre 1920, scolta sui treni come nel luglio ’22, operaia alle officine della azienda elettrica municipale, rifiutando le guardie che la questura si degnava concedere ai “volontari”, galoppina e propagandista nelle elezioni amministrative e politiche, tra mille pericoli, si acquistò con mille benemerenze una vera fama di eroina; fu tra i più fieri squadristi, in mille azioni,
spedizioni e dimostrazioni, fra le quali anche quella di Ravenna nel 1921; degno di nota il carcere sofferto per reato politico (schiaffeggiamento del deputato socialista on. Della Seta per ingiurie contro la Patria); l’ aggressione e percossione a sangue 
subita la sera del 31 luglio 1921 con ferite guaribili in circa un mese, e varie altre aggressioni ripetute, onde i compagni nazional-fascisti solevano accompagnarla a casa al Convento della “Casa della Famiglia” di Santa Ruffina, ove abitava con quelle buone suore; la sua partecipazione alla battaglia di Ancona nel luglio ’22, all’ opera di assistenza di difesa e di soccorso  per lo scoppio del Forte Falconara, occasione in cui organizzò e comandò la squadra dei fascisti romani. Profondamente femminile, perdonò ai suoi aggressori, e la sua bontà confermata in più occasioni finì per farla benvolere anche nel campo avverso. Fra i molteplici riconoscimenti della sua attività più che virile, due medaglie di benemerenza civili e vari encomi. Alla marcia su Roma inutile dire che non mancò. Poi quasi col morire dello squadrismo il 3 novembre 1924 anch’ essa si spense : gli strapazzi la vita dedicata alla Patria per quattro interi lunghi anni, avevano agevolato l’ opera devastatrice della tubercolosi nel suo fragile corpo.
DA “ STORIA DELLA RIVOLUZIONE FASCISTA” DI G. A. CHIURCO

ROMA 1920-INES DONATI 
DURANTE LO SCIOPERO DEGLI SPAZZINI
Nel “biennio rosso” 1919-20, l’Italia fu scossa da una serie innumerevole di scioperi, locali e nazionali, settoriali e generali….particolarmente odiosi erano, per la mentalità dell’epoca, quelli che interessavano i pubblici servizi (trasporti, sanità, poste e telegrafi, nettezza urbana) perché andavano oltre il conflitto padroni-prestatori d’opera, e colpivano tutti, indiscriminatamente. Fu per questo che i primi fascisti si mobilitarono, in qualche città, in azioni di crumiraggio, mentre nulla del genere avvenne nel caso delle occupazioni delle fabbriche (anzi, viste inizialmente con simpatia dallo stesso Mussolini), e discorso diverso è da farsi per la lotta nelle campagne, dove influivano fattori diversi, di carattere “tradizionale”. Naturalmente, il compito di intervenire era affidato alle donne (nella foto sotto: una giovanissima Ines Donati “spazzina volontaria”) o agli studenti più giovani, magari sotto l’occhio di qualche squadrista un po’ annoiato.
(da: Domenico Mario Leva, “Cronache del fascismo romano”, Roma 1943)

“La sua vita si consumò, così, nella rivoluzione, giorno per giorno, durante quattro lunghi anni. Nessuna devozione più intera della sua: ella giunse alla meta esangue, con il suo povero cuore disfatto, con le sue mani diafane e magre, con il suo cuore stanco, e trapassò dolcemente, come se il morire fosse ancor per lei un dono di sé alla sua causa, alla nostra causa”
(Giuseppe Bottai ricorda Ines Donati, nel volume di D’Agostino e Pocci Sanguigni a lei dedicato, Roma 1926)


Il monumento dedicato a Ines Donati a San Severino Marche, rimosso dai partigiani nel 1944


13-14 luglio 1922, Novara
Un caso assolutamente unico, nelle cronache del quadrienni 1919-22 è quello delle due fasciste casalesi Antonietta Triulzi Camuffo e Maria Perfumo Passerone, alle quali, al termine dell’azione nel Novarese, nel luglio, verrà tributato un “encomio solenne”, con la seguente motivazione: “Noncuranti del pericolo, attraversavano strade e villaggi insidiosi e pericolosi, battuti accanitamente da elementi comunisti armati, mantenendo costantemente il contatto con le forze fasciste monferrine, che aspramente combattevano per la redenzione delle terre di Novara, prestando opera intelligente ed encomiabile, in cura feriti e per l’allestimento del rancio. diedero mirabile esempio per la loro audacia e serenità nell’adempimento del dovere .”



CORRIERE DELLA SERA - 28 OTTOBRE 1922


La condizione della donna durante il regime e' spesso usata come prova del maschilismo fascista, che mirava a relegare l'universo femminile nell'ambito familiare, in uno stato di subordinazione totale, utile solo a procreare "uomini nuovi" per la Patria.  Se da un lato queste ricostruzioni possono trovare conferma in alcuni aspetti del modello femminile fascista, che riconosceva alle donne la funzione importantissima di madre e sposa, di angelo del focolare e custode della famiglia, va ricordato dall'altro, come ad esempio proprio nei primi anni del regime lo stesso Mussolini varò una legge che sanciva il diritto al voto amministrativo alle donne! La donna fascista fu tra le prime in Europa a godere della tutela sul lavoro: "Il Fascismo ha tributato alla donna l'equo riconoscimento del suo valore [...], ha sancito, con una geniale legislazione che riscuote l'ammirazione di tutto il mondo civile, la tutela e la protezione che le spettano come madre e come lavoratrice" (1)."Elevata e potenziata, la donna fascista si pone quale elemento nuovo, filiale e fraterno, nella società nuova cui il fascismo ha dato vita e calore, colore e significazione" (2). Vennero varate una serie di riforme sociali a favore della donna come l’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia (OMNI), allo scopo di tutelare ed assistere le madri e la loro prole in casi di difficoltà lavorative, economiche e sociali.  O l’istituzione dell’Opera Nazionale Balilla, dove anche le “Piccole Italiane” prima e “Giovani Italiane” poi, poterono usufruire al pari dei loro coetanei maschi, di attività organizzate dallo Stato.  "Se una donna si limitasse, per apatia o per egoismo, alle cure domestiche e impiegasse il tempo libero solo a fare la calza, verrebbe meno ai suoi doveri verso la societa' " (3). "Giammai dovremmo stancarci di proclamare e di sostenere questo principio: che, oggi, non solo l'uomo ma anche la donna deve guadagnarsi il pane col sudore della sua fronte e che, a colei che lascia i quieti ripari casalinghi per entrare nella selva selvaggia del mondo, deve essere tributata protezione e rispetto" (4). Sottolineando l'epoca storica in cui effettivamente il Fascismo governo', ovvero gli anni 20-30, e' bene ricordare che per il Regime la donna ricopriva un ruolo essenziale nella societa'. Le limitazioni imposte dal regime miravano soprattutto a mantenere intatta la femminilita' della donna, valorizzando l'importanza della famiglia e del suo ruolo come madre."[...] Crediamo necessario che la donna rimanga e sia essenzialmente donna, vogliamo sostenerne i diritti, additarle i doveri sempre piu' numerosi e le responsabilita'." (5). "La donna fascista - pur preparandosi per ogni eventualità a dare al Fascismo tutto quanto è nei limiti delle sue possibilità femminili e anche più eviterà, quando non sia richiesto da una assoluta necessità, di assumere atteggiamenti maschili e di invadere il campo dell'azione maschile, perchè sa che la donna può molto giovare all'ideale per cui lavora se cerca di sviluppare in bene le sue attitudini femminili, anziché cimentarsi nel campo dell'azione maschile, dove riuscirebbe sempre imperfetta e non riscuoterebbe la fiducia necessaria allo svolgimento della sua propaganda." (6). Inserisco a proposito due documenti tratti dal libro "Fascismo storia e interpretazione" dello storico Emilio Gentile : "Una funzione importante, nell'ambito dell'organizzazione e della mobilitazione delle masse, era assegnata ai Fasci femminili. Il fascismo ostento' la sua esaltazione della virilita' maschile e il suo antifemminismo, e riservo' soltanto ai maschi l'attivita' politica dirigente, confermando per la donna, in generale, il ruolo tradizionale di sposa, madre ed educatrice, subordinata all'uomo. Nello stesso tempo, tuttavia, sia pure in modo contraddittorio, la politica del fascismo imponeva una diversificazione del ruolo della donna nella famiglia e nell'organizzazione dello Stato totalitario. Alla donna, in quanto sposa e madre, era affidato il compito di produrre figli per la patria e di allevarli nei suoi primi anni; alla donna, in quanto educatrice fascista militante del partito, era assegnato il compito di contribuire all'educazione dell' "uomo nuovo", impegnandosi pero' fuori della famiglia, nell'ambito delle organizzazioni del partito, e quindi assumendo un ruolo non secondario nella vita pubblica del regime. Attraverso il partito, veniva cosi' emergendo, a lato del modello tradizionale della donna regina della casa e angelo del focolare, il modello di una "donna nuova" che partecipava attivamente, pur entro i confini della funzione assistenziale e pedagogica, alla vita del partito" (7. E ancora :  " Per quanto riguarda la donna, studi recenti dimostrano che il fascismo, come abbiamo avuto già occasione di precisare, non coltivò soltanto il modello tradizionalista della donna come sposa e madre, regina della casa, lontana ed estranea da ogni attiva militanza politica, ma nell'ambito del mito dell' "italiano nuovo" produsse anche il mito di una "donna nuova"", che coinvolse soprattutto le giovani fasciste: Durante il ventennio — ha scritto Maria Fraddosio - un nuovo modello di donna fascista, che presentava caratteri di effettiva originalità,
venne emergendo con l'ideale della cittadina militante, impegnata attivamente nella vita del regime, un ideale prodotto dalla cultura vitalistica e "rivoluzionaria" che aveva permeato il movimento fascista delle origini. Questa nuova figura femminile fu presa a modello da molte giovani fasciste a partire dai primi anni trenta, quando il partito cercò di dar vita al progetto della nazione "guerriera". Proprio in quegli anni si era sviluppato nell'ambito e fuori dell'organizzazione femminile, un dibattito sull'importanza della presenza sociale della donna in una nazione che si preparava alla eventualità di una guerra. Questo nuovo tipo di donna fascista, come cittadina militante, usciva decisamente dal ristretto ambito del focolare domestico per partecipare alle attività del partito: ma le conseguenze dell'acquisizione di funzioni e di responsabilità sociali nuove, da parte delle donne che scelsero questa militanza, andarono al di là delle stesse intenzioni del regime. Infatti, l'apprendistato di una mentalità più "sociale", sensibile ai problemi della collettività, non poteva non comportare, per queste giovani, una forma di emancipazione, forse non del tutto consapevole, dagli schemi tradizionali di comportamento; anche se — occorre precisarlo — il modello fascista della cittadina militante non fu mai alternativo a quello di "sposa e madre esemplare". La diversificazione del ruolo della "nuova femminilità", che emancipava le "cittadine militanti" dalla condizione tradizionale della donna, senza tuttavia nulla concedere alla concezione emancipazionista del femminismo, sempre avversata e combattuta dal fascismo, non fu una conseguenza non voluta, determinata da fattori esterni ed estranei al fascismo, come pure è stato affermato", ma fu conseguenza di scelte politiche consapevoli, ispirate a una visione dei compiti della "donna nuova" che erano estranei al modello tradizionalista, ma erano del tutto coerenti con la concezione totalitaria dell` "italiano nuovo". (8) Va ricordato inoltre come furono libere di praticare sport e di frequentare la scuola compresa l'universita': "[..] La riforma del sistema scolastico del 1923 era dichiaratamente antifemminista, ma tollerava significativi incrementi della scolarità femminile oltre il livello elementare. Questo bifrontismo traeva origine dalla concezione dualistica del ruolo femminile propria del fascismo. Come riproduttrici della razza, le donne dovevano incarnare i ruoli tradizionali, essere stoiche, silenziose e sempre disponibili; come cittadine e patriote, dovevano essere moderne, cioè combattive, presenti sulla scena pubblica e pronte alla chiamata." Questo a dimostrare come la differensazione messa in atto dal regime, lungi dal voler incrementare una qualche sorta di discriminazione su presunte superiorita' intellettuali dell'uomo sulla donna, mirava semplicemente a rimarcare la diversita' naturale dei sessi, meravigliosamente diversi, ognuno con proprie specifiche competenze, e percio' complementari.

(1) Magri Zopegni 1924-1931 in "La donna italiana"

 VIII n.1 Gennaio 1931 p. 10

(2) T. Labriola in "La donna italiana" n. 8 Settembre-Ottobre 1935 p. 452

(3) Dott.ssa Giulia Boni "Il lavoro sociale della donna, le grandi organizzazioni in Italia e all'estero" Pisa 1935 p.

(4) "La donna italiana" Montesi Festa, Gennaio 1924

(5) S.Bemporad - G.Fumagalli, Prefazione in "Almanacco della donna italiana" n.1, 1920 p.V

(6) Programma-statuto del Gruppo femminile romano dei Fasci femminili 4 dicembre 1921

(7)Emilio Gentile "Fascismo storia e interpretazione" p. 26

(8) Ibid pp 240-241


 viva le donne....... fasciste

1. 3 ottobre 1921: la squadrista De Vita, segretaria del Fascio femminile di Pesaro, nel corso di una perquisizione poliziesca alla sede, sfida tranquillamente i questurini, e passa sotto il loro naso , portando seco, ben nascoste, 5 rivoltelle e 200 proiettili che le sono stati affidati dai camerati per evitare l’arresto

2. 13-14 luglio 1922: due fasciste casalesi Antonietta Triulzi Camuffo e Maria Perfumo Passerone, si mettono in mostra durante le giornate dell’occupazione di Novara; a loro, al termine dell’azione, verrà tributato un “encomio solenne”, con la seguente motivazione:

“Noncuranti del pericolo, attraversavano strade e villaggi insidiosi e pericolosi, battuti accanitamente da elementi comunisti armati, mantenendo costantemente il contatto con le forze fasciste monferrine, che aspramente combattevano per la redenzione delle terre di Novara, prestando opera intelligente ed encomiabile, in cura feriti e per l’allestimento del rancio. diedero mirabile esempio per la loro audacia e serenità nell’adempimento del dovere”

3 30 ottobre 1922: un nucleo di donne fasciste di Muzzano del Turgorano (Tv), capitanate dalla squadrista Scarpa, si arma e reagisce al tentato assalto socialcomunista della sede, sguarnita per la partenza degli uomini mobilitati per la Marcia. L’arrivo di alcune squadre autocarrate da Udine, avvertite telefonicamente, risolve la situazione a favore dei fascisti

(da "Storia della Rivoluzione fascista" di Giorgio Alberto Chiurco




DONNE ALLA MARCIA SU ROMA


VENEZIANE

ROMA 21 APRILE 1926
SFILATA PER IL NATALE DI ROMA

“Cosa importa se siam donne / non alberga in noi paura

Né ci intralciano le gonne / nella lotta santa e pura

Sempre unite e sempre forti / o fratello pugneremo

Vendicando i nostri morti / con italica virtù”

(cantavano le squadriste.....)